Per l’anno accademico 2019-2020, il CIMA (Center for Italian Modern Art) presenta un’esposizione interamente dedicata alle sculture di Marino Marini – curata dal Dr. Flavio Fergonzi della Scuola Normale Superiore di Pisa.
Marino Marini (1901-1980) completò la sua formazione artistica presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze, dove studiò la pittura e la scultura.
Dopo aver lanciato la sua carriera – negli ultimi anni del 1920 – con sculture ispirate agli stili arcaici (egizio, etrusco o greco pre-classico), Marini approcciò il tema dei nudi femminili.
Lo studio continuo del corpo della donna diventa per lui un’occasione utile a condurre una ricerca indipendente e solitaria sulle possibilità espressive del nudo – attraverso un paragone continuo con la concezione classico-antica di scultura, dal Rinascimento a Rodin.

La mostra ripercorre gli anni tra il 1932 e il 1949, caratterizzati – in Europa – dalla perdita di fede nei modelli classici; una crisi che si intensifica durante la Seconda Guerra Mondiale e l’immediato dopoguerra.
Al contrario, Marino Marini, nello stesso periodo, considera il nudo classico un’ispirazione. Da una parte, conosce l’astrazione – riducendo il corpo umano a pura forma plastica; dall’altra, accentua la carnalità provocatoria delle superfici scultoree, sintetizzando forma e vitalità in un modo unico per l’arte del tempo.
Durante la guerra, Marino Marini sottopone i suoi corpi a una drammatica deformazione, una reazione agli eventi tragici che sta vivendo suo malgrado.
Non troppo distante dalle Nature Morte di Giorgio Morandi, i Nudi Femminili di Marino Marini mettono in dubbio la continuità tra le forme – intesi come elementi architettonici – e il modo in cui esse sono in grado di comunicare. Terracotta, bronzo, gesso: i materiali, così come il loro modo di essere modellati, contrastano con i volumi delle opere dell’artista, impregnate di vitalità e tensione.
La mostra organizzata al CIMA è la prima, negli Stati Uniti, a presentare così nel dettaglio i grandi nudi di Marino Marini, dalla Pomona del 1941 alla Danzatrice del 1949. Le grandi opere sono in mostra insieme a una serie di piccole sculture in bronzo realizzate dall’artista in Svizzera, a Tenero, negli ultimi anni della guerra (1943-1945), espressione della definitiva rottura di Marino Marini con l’arte classica.
Inoltre, perseverando nella contrapposizione tra opere di artisti moderni e contemporanei con l’attore principale delle esposizioni, l’accostamento di opere di Alberto Giacometti e Willem de Kooning a quelle di Marino Marini crea nuovi percorsi espositivi utili a comprendere il nudo femminile.
I borsisti di CIMA – anno 2019-2020 – portano avanti la ricerca sull’eredità artistica di Marino Marini. La programmazione pubblica di CIMA offrirà ulteriori opportunità di approfondire l’argomento coinvolgendo artisti, studiosi, esperti e altri relatori per vivaci serate di conversazione, performance, letture ed esperienze di disegno condivise.